Le recensioni

LIA BRONZI

La narrativa di Nicla Morletti traccia una linea di dialettica amorosa atta a riordinare emozioni e turbamenti, commozioni e trepidazioni che entrano in simbiosi con la struttura portante del disegno lirico, quale cellula seminale e super immaginifica, ricca di poetica, come inscindibilità tra forma e contenuto, impegnata in strutture storiche e contestuali, come emblemi di una cultura ancora viva e suggestiva, volta a conferire all'intera opera un valore culturale sincretico, con valenza universale.

Tra le opere a noi pervenute, proprio a partire da Prima che rose appassiscano (lettere d'amore) è riscontrabile il tono alto, tendente al sublime con descrizioni e similitudini in rimandi al "Cantico dei Cantici" che ritroviamo nella disponibilità lirica, sensuale e mistica al contempo, della parola narrativa.
Epistolario, quindi, che si snoda secondo i canoni della migliore prosa poetica, dove un sensuoso porsi in registri di netta originalità e gusto lirico, propongono un discorso sull'amore che ha il sapore dell'antico nella direzione dello stile e del moderno per forme e temi.
Nel testo Cantico d'amore la colloquialità assume una scansione netta e inedita, tra lei e lui, nella sospensione contemplativa ed epifanica della lirica d'amore, che va a qualificare l'orizzonte estetico dei componimenti nei quali interagiscono esteticamente meravigliose tavole fiorite di "Roberta e Ilaria" di Camaiore (Lucca) che impreziosiscono la valenza del messaggio d'amore del cantico e, unitamente ad una lettera aperta di Mario Luzi, formano un "unicum sostanzialmente raffinato e significativo.
La lettera del Maestro testualmente recita: "Cara Nicla è invidiabile l'uomo a cui è dedicato queste tuo 'Cantico d'amorè parente prossimo del 'Cantico dei Cantici' nella passione e nell'esuberanza, ma tutta fiabesca e insieme realisticamente sensuosa e non certo allegorica, sebbene un sottofondo mistico traspiri qua e là.
Dunque fortunato costui perché condivide e anzi moltiplica insieme all'amata quel tripudio amoroso. E la fiamma comune non si spegne neppure alle insinuazioni della malinconia. Amore immortale. 'Amore invincibile in battaglia'".
Parole elogiative provenienti da una personalità fra le più prestigiose della poesia italiana che assumono una forte significazione.
Più vicino all'interezza del romanzo ci appare La città delle rose, dove Nicla crea lontani fatti e antefatti sentimentali, storici e mistici a somiglianzà d'arcaici frammenti nella suggestione della memoria, dove le motivazioni artistiche sono affiancate dalla necessità di coprire sotto nomi allegorici e simbolici personaggi protagonisti o collaterali e luoghi geografici, come si evince dal fluire dei fatti.
Dice infatti la narratrice: "Tutto intorno fu luce. E l'accampamento divenne una città senza torri, palazzi, templi, strade. E nacquero le vie Sapienza e Amore, della Felicità, della Fortuna, della Gioia. Nacque la Città delle rose, dove i sogni non muoiono mai.".
Eutopos simbolico, dunque, nel quale si passa alla narrazione della vicenda amorosa, dove non mancano riferimenti storiografici ed esoterici come, ad esempio, il capitolo dedicato a "Israfel e la Tavola Smeraldina" della tradizione ermetica, dal quale si comprende che deve esserci stato, da parte dell'autrice, un profondo lavoro filologico che ha individuato fonti autorevoli e sapienziali di culture antiche che riesce a collazionare, secondo un sincretismo religioso, e sviluppare su di esse il sublime, il sensuale ed il mistico di una delicata storia d'amore, nella quale la trasfigurazione letteraria diventa il mezzo più idoneo per interpretare la vita, al di là delle contingenze, nella sua autenticità ed esemplarità.
Un discorso a parte merita il romanzo Difficili, impossibili amori nel quale la libertà di memoria, il cercare nel passato con rigore gli elementi da portare alla conoscenza del lettore, sembra essere l'agnizione e uno degli aspetti più positivi dell'attività storiografica e letteraria di Nicla Merletti che, con creatività e fantasia, continua ad innestare belle storie d'amore in contesti storiografici del passato, addivenendo, con tale uso, ad una funzione di magistero civile, quale strumento di comunicazione, nel ricordare usi e costumi del Cinquecento, secolo favoloso, ma ancora macchiato dalle persecuzioni della "Santa Inquisizione" come si evince dall'incipit del romanzo, che inizia proprio con il rogo, in cui viene bruciato un monaco, dichiarato eresiarca, perché aveva osato opporsi al potere temporale dei papi.
Il romanzo è pervaso, come del resto tutta la narrativa di Nicla, da belle descrizioni d'ambiente, da profumi di erbe e piante che ne invadono le pagine, mentre un polo estatico-estetico-ispirato e uno razionale-cosciente si intersecano tra loro nel topos che imbocca la via "Regia" della storia, nella quale un fitto "entrelacement" diviene "stanza" offerta alla gioia dell'esperienza amorosa, in cui il divino comunica con ciò che è più lontano e più remoto da sé, secondo un intreccio fitto di temi soteriologici, psicologici e storici.
Tutti elementi riscontrabili nella letteratura di questa affascinante narratrice, che ripropongono il sigillo impenetrabile che sublima se stesso nella rappresentazione transitoria del sogno, vestendosi di quell'incanto che lo fa eterno.

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